Call for Papers – XXVII Convegno Internazionale di O&L (19-21 settembre 2024)

Onomastica & Letteratura

Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa
nei giorni 
19-21 settembre 2024 
si svolgerà presso l’Università di Pisa il

XXVII Convegno Internazionale di O&L

Gli argomenti intorno ai quali verterà sono i seguenti:

  1. I NOMI NEI ROMANZI D’AVVENTURA

Nel recensire il trattatello di Pierre Bayard Comment parler des lieux où l’on n’a pas été, Enrique Vila-Matas sostiene che è più facile parlare con cognizione di luoghi in cui non si è mai stati piuttosto che di quelli noti per esperienza diretta. Una boutade che potrebbe in realtà applicarsi a descrivere in modo efficace la narrativa di viaggio, e relativa onomastica, di molti scrittori antichi e moderni, e in particolare degli autori dei cosiddetti romanzi d’avventura. Alla loro inventiva si devono nominazioni fascinose, esotiche e non di rado perturbanti: antroponimi, toponimi, ma anche terionimi destinati a restare ben saldi nella memoria. I più conosciuti dal lettore italiano sono probabilmente nomi salgariani come quelli del pirata di nobili origini Sandokan, del bengalese Tremal-Naik con la sua tigre Darma o dell’isola indo-malese Mompracem. Ma molti altri testi e autori di ogni epoca e nazionalità offrono spunti di indagine: Defoe, Melville, London, Stevenson, Verne, Kipling, Tolkien, Fleming, Twain, May, Haggard, Cooper, ecc. Per tacere di quelli solitamente classificati come «narrativa popolare» (si pensi all’ampia produzione di romanzi di cappa e spada tra XIX e XX secolo: da una parte non trascurabile della produzione di Scott a quella di Gautier, Dumas padre, Hope, Orczy, Sabatini, Cornwell, Pérez-Reverte, ecc.) o appartenenti ad altri ambiti di scrittura, come le sceneggiature di film o i fumetti d’autore (si pensi all’onomastica ‘texiana’). E non andrà trascurato il ruolo che, su questa specifica branca del meraviglioso onomastico, potrebbero aver avuto lontani antesignani come tragediografi e novellieri tardorinascimentali alla Giraldi Cinzio, propensi a collocare le loro vicende (si pensi all’Orbecche) all’interno di scenari stranianti e lontani a cui si conforma l’onomastica (o viceversa a usare proprio quest’ultima come vettore determinante per realizzare tale esotismo). Tutta la produzione dei cosiddetti romans héroïques francesi del XVII secolo segue questa tecnica di allontanamento spazio-temporale e onomastico.

  1. NOMI IN MOVIMENTO

Alcuni nomi letterari si muovono, nel senso anzitutto che mutano all’interno di una medesima opera. A volte ciò accade a causa di involontari fraintendimenti di autori e copisti, come nel caso dei bloopers onomastici, incongruenze, lapsus, errori rintracciabili tanto nelle tradizioni manoscritte medievali quanto nelle sceneggiature filmiche odierne, ma di cui potrebbe costituire un significativo sebbene insospettabile antesignano il passaggio dall’originario Disdemona della fonte giraldiana (la novella degli Ecathommiti, III 7) al Desdemona della I edizione in folio dei plays shakespeariani, la forma che poi si è affermata nelle riscritture successive della vicenda, come anche nell’onomastica comune. A questa tipologia appartengono anche i casi di consapevole e strategica re-nominatio cui sono sottoposti gli antroponimi che compaiono all’interno di un testo per iniziativa del personaggio stesso o di altri suoi interlocutori; paradigma del primo tipo potrebbe esserne il Florio di Boccaccio che, accingendosi alla quête dell’amata e perduta Biancifiore, decide di mutare il proprio nome in Filocolo, ‘fatica d’amore’ nella pseudoetimologia dell’autore; o altri ‘autotravestimenti onomastici’ che Boccaccio mette in scena nel Decameron, come quello di Tedaldo degli Alisei che, abbandonato dall’amante, lascia la sua patria, Firenze, e cambia identità, «Filippo di San Lodeccio faccendosi chiamare». Per la seconda tipologia si potrebbe anche pensare al celebre caso della nominazione del personaggio di Angiolina nella Senilità sveviana, rievocata come Angie dal protagonista Emilio Brentani, ma semmai, più prosaicamente, come Giolona dall’amico Stefano Balla. Il movimento dei nomi, del resto, può verificarsi allorché i testi che li contengono passano da un codice di scrittura a un altro, come ad esempio nelle trasposizioni filmiche o teatrali (o di altro tipo) di testi letterari: basterebbe ricordare il film di Luchino Visconti La terra trema, tratto dai Malavoglia, in cui l’unico nome originario a sopravvivere è quello del giovane ’Ntoni, mentre gli altri sono profondamente mutati; o il film omonimo tratto dalla novella Senso di Boito, in cui il nome del tenente da Remigio Ruiz diventa Franz Mahler. Si escluderà in ogni caso dalla casistica e dalla sezione del Convegno la categoria dei nomi tradotti da una lingua all’altra, come anche quella dei titoli intesi come onimi, tipologie caratterizzate da una specifica pregnanza.

  1. NOMI PROPRI E ‘QUESTIONI DELLA LINGUA’

La sezione intende porre in evidenza il possibile nesso tra la scelta dei nomi propri all’interno di un’opera o di un intero genere letterario e i modelli linguistici in auge in una determinata epoca, e segnatamente l’esistenza di possibili riflessi onomastici del dibattito teorico che si sviluppa intorno a tali modelli. Alcuni esempi potrebbero essere rintracciati in opere letterarie influenzate dalla ‘questione della lingua’ per eccellenza, quella che nel primo Cinquecento infiammò gli ambienti intellettuali in Italia; ma anche dalle varie querelles che videro contrapporsi antagonisticamente le moderne lingue europee tra loro, per sancire la superiorità delle une sulle altre, o quelle moderne a quelle classiche. Per fare degli esempi, la dichiarata percezione di una superiorità delle lingue classiche sui volgari si riflette sulla scelta di nomi classicamente atteggiati nei testi novellistici di ispirazione umanistico-rinascimentale, come gli Eurialo e Lucrezia dell’Historia de duobus amantibus del Piccolomini, o anche gli Ippolito e Lionora dell’omonima novella attribuita a Leon Battista Alberti. Ma ad essere coinvolta è anche la ricerca di un’equivalenza funzionale dei nomi nel passaggio da una lingua a un’altra: lo mostra forse il caso della traduzione primocinquecentesca della novela sentimental di Juan de Flores attuata da Lelio Aletiphilo, in cui gli originari Grisel e Mirabella sono sostituiti da Aurelio e Isabella, perché, a detta del traduttore, questi ultimi «più del barbaro che del gentile teneano». Potrebbe essere correlata al tema anche l’affermazione di soprannomi popolari o di nomi connotati come diastraticamente ‘bassi’ (si pensi all’onomastica pasoliniana dei ragazzi di vita, ai nomi dei protagonisti del romanzo di matrice giornalistica Wir Kinder vom Bahnhof Zoo, ‘Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino’ o alla produzione francese che si inserisce nel complesso e vasto panorama della narrativa cosiddetta «beur» dell’estremo contemporaneo), in concomitanza con un diffuso dibattito sulla necessità di rinnovare la lingua letteraria. Lo stesso può dirsi dell’onomastica (para)dialettale delle ‘saghe’ contemporanee del cosiddetto New Italian Realism (da Gomorra a Romanzo criminale), in corrispondenza di quella ‘neodialettalità’ ovvero rivalutazione dell’uso del dialetto realizzatasi a cavallo tra i due Millenni, che ritrova nel nome proprio funzioni espressive e artistiche inedite (questo avviene anche nel campo della scelta dei nomi in testi musicali).

  1. NOMI E GENERE

Al genere inteso in senso grammaticale e specificamente morfologico, e ai suoi risvolti per così dire di gender, allude il titolo di questa sezione. Esso può declinarsi, sul piano onomastico, come ambiguità del nome proprio rispetto al genere anagrafico e sessuale del personaggio, in presenza ad esempio di nomi epiceni (omografi: Dominique, Camille, Claude; oppure omofoni: Frédéric / Frédérique), o come incongruenza tra nome e genere (il caso dell’Orlando di Virginia Woolf, gli scenari della ‘creduta maschio’ della Commedia dell’arte). Significativo sul piano interpretativo può essere tanto il caso in cui una variazione onomastica accompagni il cambiamento di orientamento sessuale o di genere del personaggio, quanto quello in cui il nome resti immutato (come nel titolo stesso del film Ma femme s’appelle Maurice). I generi del nome si alternano assecondando l’identità intersessuale della/del protagonista in Middlesex di Jeffrey Eugenides, l’ermafrodita Calliope Stephanides, detto Callie e poi Cal. Ma antecedenti medievali potranno essere individuati nel Roman de Silence, studiato da Anna Airò, nella figura eponima di Silence, fanciulla cresciuta come un maschio per motivi dinastici, ma che poi decide razionalmente di assumere su di sé l’identità maschile cambiando il proprio nome in Malduit, ‘il malguidato’. Altri casi di travestitismo (e transgenderismo) con risvolti onomastici possono facilmente essere individuati nella letteratura medievale e in particolare nella novellistica: si pensi solo alla Madonna Ginevra/Zinevra che si muta per salvarsi nei panni e nel nome di un uomo, Sicurano da Finale, in Decameron II 9, per poi reintegrarsi nell’identità e nel nome femminile dopo la rivelazione della sua innocenza.

Come ogni anno una sezione verrà dedicata all’Onomastica letteraria regionale. Ci sarà inoltre sempre spazio per le ricerche concernenti gli autori di cui ricorrono gli anniversari (Franz Kafka, Giacomo Puccini, Italo Calvino, Lord Byron…).

 

Coloro che intendano partecipare al Convegno o che vogliano proporre un loro articolo alla redazione della rivista «il Nome nel testo»

sono pregati di inviare a Donatella Bremer (donatella.bremer@unipi.it

entro e non oltre il 30 giugno 2024

un abstract, non generico, ma sufficientemente indicativo (ca. una pagina) del loro contributo.

Si prega di allegare anche un breve curriculum.

La lunghezza degli articoli da sottoporre al processo di revisione (peer review) per un’eventuale pubblicazione nella rivista «il Nome nel testo» non dovrà superare le 36.000 battute (spazi inclusi).

Per ulteriori informazioni rivolgersi anche a