Il XXVIII Convegno Internazionale di O&L
si svolgerà
presso l’Università della Basilicata
Potenza 24-26 settembre 2025
Il convegno si terrà a Potenza, nell’Aula Magna del Campus del Francioso e nella Sala del Museo Archeologico Nazionale della Basilicata Dinu Adamesteanu.
Il 27 settembre è stata inoltre organizzata una visita ai Sassi di Matera, iscritti dal 1993 nella lista dell’UNESCO dei patrimoni dell’umanità. Tutte le indicazioni relative al programma dettagliato della visita e alle modalità di adesione verranno fornite ai partecipanti che fossero interessati.
Gli argomenti intorno ai quali verterà il Convegno sono i seguenti:
I nomi dei “cattivi” (antagonisti e personaggi negativi)
La rilevanza dei nomi di ‘cattivi’ e/o ‘antagonisti’ letterari è evidente già quando si consideri un fenomeno linguistico peculiare: molti di essi sono divenuti tanto celebri da trasformarsi in antonomasie, e anzi da lessicalizzarsi in deonimi. Fra quelli attestati nel patrimonio lessicale dell’italiano e dei suoi dialetti si pensi ad esempio a ‘Ganelon / Gano di Maganza’, divenuto sinonimo di ‘traditore’ (accanto a ‘giuda’). Al di là di questo dato, si potranno annoverare nel medesimo àmbito altri casi prettamente letterari, che sono stati già indagati dalla critica, quali i nomi dei diavoli Malebranche nella Commedia dantesca e quelli dei personaggi teatrali shakespeariani Macbeth, Shylock, Jago oppure il Tartufo molieriano.
Il nome negli scritti autobiografici
Nell’autobiografia intesa come forma letteraria esiste un’identità onomastica tra autore, narratore e protagonista che rinvia a una stessa entità. L’enunciazione del nome dell’autore-narratore-protagonista di conseguenza costituisce un elemento chiave per la lettura, capace di orientare la cooperazione interpretativa del lettore e il processo di significazione dell’opera. L’enunciazione dell’identità nominale di colui che assume la parola, però, solo raramente trova posto all’interno del testo, mentre viene esibita nel paratesto. Il narratore che designa sé stesso con un pronome di prima persona non ha dunque un nome, e tuttavia, come sottolinea Roland Barthes, quel pronome, nella narrazione, diventa un antroponimo, salvo il caso in cui, anche all’interno del testo, il narratore lasci qualche traccia onomastica. Altrettanto significative sono le procedure che toccano i nomi di altri personaggi coinvolti nelle scritture autobiografiche, che possono ad esempio essere oggetto di reticenze di vario tipo, perché celati da anonimato o mascherati attraverso nominazioni sostitutive. Lo stesso atteggiamento ambivalente può coinvolgere anche i nomi dei luoghi in cui l’azione viene ambientata. Pertanto potrebbero rientrare in questa sezione tutte le indagini tese a rilevare e rivelare le risonanze autobiografiche, spesso insospettabili, che si celano dietro l’onomastica di un testo.
I fondamenti antropologici del nome: nomi tabù, apotropaici o magici
È noto come nel Conte du Graal di Chrétien de Troyes il lettore (e lo stesso personaggio portatore) giunga a conoscere il nome del protagonista in una zona molto avanzata del poema: la rivelazione assume un valore iniziatico, giungendo al culmine di un faticoso processo di autoconoscenza. Il ‘tabù del nome chretieniano non è certo l’unico esempio in cui il nome letterario sembra recuperare la valenza magica e apotropaica, dai complessi significati antropologici, di cui l’onomastica primitiva recava tracce diffuse e profonde, e che del resto caratterizzava il divieto di pronunciare il Tetragramma divino nella tradizione ebraica. Ma in questa sezione, che potrebbe anche intitolarsi, giocando con Freud, Nomen e tabù, potrebbero trovar posto casi noti sotto altri aspetti, come quello delle Erinni, indicate spesso con la denominazione apotropaica di Eumenidi (come nella tragedia di Eschilo o nel titolo del celebre romanzo di Jonathan Littell, Les Bienveillantes, che ricalca lo stesso modello mitico della persecuzione di Oreste da parte delle Erinni); o celebri esempi letterari, come quello che riguarda la figura dell’Innominato del romanzo manzoniano, colpito da una sorta di interdizione che evoca il già ricordato divieto di pronunciare il nome divino.
I casi di autonimia: quando il personaggio si attribuisce un nome, un nomignolo, uno pseudonimo
Tra i casi in cui un personaggio letterario è spinto per varie ragioni a ri-nominarsi, a venire alla mente per primi sono certo classici esempi quali quello di Alonso Quijano / don Quijote, di Jekyll / Hyde, o, per la letteratura novecentesca italiana, di Mattia Pascal / Adriano Meis. Oltre a tale corpus peculiare si possono però rinvenire altre forme di autonimia, pur in apparenza meno suggestive, come quelle dei personaggi decameroniani, che assumono sembianze onomastiche diverse da quelle anagrafiche nel corso di travestimenti variamente motivati: da Tebaldo degli Elisei / Filippo di San Lodeccio a Lodovico / Anichino, o, con passaggio di genere, a Madonna Zinevra / Sicuran da Finale. Per citare poi un esempio novecentesco, si pensi ai programmatici nomi di battaglia che si autoimpongono i partigiani protagonisti di racconti del secondo dopoguerra. Ma altre tipologie possono suggerirsi. Una è quella che coinvolge l’autore stesso quando si configuri in una certa misura come personaggio che si attribuisce un nome sostitutivo, per celarsi o, al contrario, per esibire una determinata postura autoriale: si pensi alla ridda di eteronimi di Pessoa, ma anche a più insospettabili casi, come quello di Luzi, che in alcune raccolte adombra sé stesso dietro nomi e profili reali come Simone Martini. Si possono infine citare le autonominazioni minuscolate, con intento programmaticamente autoironico e riduttivo, del tipo ‘guidogozzano’.
Lucanità sommersa: esplorazioni onomastiche da Rocco Scotellaro a Gaetano Cappelli
L’occasione del convegno potentino offre numerosi spunti onomastici non solo per la ‘sezione anniversaria’ generale ma anche per quanto attiene più specificatamente la produzione letteraria di autori lucani. Quest’anno, in particolare, ricorre il cinquantenario della scomparsa di Carlo Levi il cui Cristo si è fermato ad Eboli (superfluo sottolinearne la rilevanza nella storia della Basilicata) rivela un complesso rapporto tra realtà e invenzione proprio nella finzione onomastica. Inoltre, poco studiate, ma certamente meritevoli di essere esplorate sono le scelte onomastiche di poeti e scrittori lucani che attingono alla realtà della cosiddetta civiltà contadina, quali il Rocco Scotellaro dei Contadini del Sud o dell’Uva Puttanella (ma anche dell’opera in versi dove spuntano significativamente nomi della tradizione alta) o, da ultimo, Mario Trufelli — di cui val la pena menzionare L’Ombra di Barone (il cane di Carlo Levi) un “viaggio tra antico e moderno, tra Lucania e Basilicata” e il romanzo autobiografico Quando i galli si davano la voce — o di autori che rivendicano il diritto di uscire dal “confine,” come il potentino Gaetano Cappelli, che ha utilizzato nei suoi romanzi postmoderni nomi e soprannomi che destano curiosità poiché sottendono un’evidente strategia per legare i personaggi allo spiritus loci.
Coloro che intendano partecipare al Convegno o che vogliano proporre un loro articolo alla redazione della rivista «il Nome nel testo» sono pregati di inviare a Donatella Bremer (donatella.bremer@unipi.it) entro e non oltre il 30 giugno 2025 un abstract, non generico, ma sufficientemente indicativo (ca. una pagina) del loro contributo.
Si prega di allegare anche un breve curriculum.
La lunghezza degli articoli da sottoporre al processo di revisione (peer review) per un’eventuale pubblicazione nella rivista «il Nome nel testo» non dovrà superare le 36.000 battute (spazi inclusi).
Per ulteriori informazioni:
- rivolgersi a Giorgio Sale <giosale@uniss.it>
- consultare la pagina web https://oel.fileli.unipi.it/