Il XXVIII Convegno Internazionale di O&L
si svolgerà dal 23 al 25 ottobre 2025
ad Agrigento, Capitale italiana della Cultura 2025.
Il convegno avrà luogo presso il foyer del Teatro Pirandello, messo a disposizione dalla Fondazione Pirandello. In occasione del centenario dalla nascita di Andrea Camilleri, inoltre, il giorno 26 ottobre si potrà partecipare a una Tavola rotonda intervallata da letture. La giornata sarà co-organizzata dal Comitato nazionale del Centenario della nascita di Andrea Camilleri.
Gli argomenti intorno ai quali verterà il convegno e dei quali qui di seguito, come di consueto, si dà descrizione, sono i seguenti:
- I nomi dei “cattivi” (antagonisti e personaggi negativi)
La rilevanza dei nomi di ‘cattivi’ e/o ‘antagonisti’ letterari è evidente già quando si consideri un fenomeno linguistico peculiare: molti di essi sono divenuti tanto celebri da trasformarsi in antonomasie, e anzi da lessicalizzarsi in deonimi. Fra quelli attestati nel patrimonio lessicale dell’italiano e dei suoi dialetti si pensi ad esempio a ‘Ganelon / Gano di Maganza’, divenuto sinonimo di ‘traditore’ (accanto a ‘giuda’), che ricorre anche con la formula dell’epiteto ‘(perfido) maganzese’, per tacere di altri simili celebri esempi di personaggi tracotanti e negativi di ascendenza epico-cavalleresca, quali rodomonte, gradasso, sacripante, ferraguto, o i femminili drusiana, marfisa, gabrina, ancroia, per quanto più rari. Al di là di questo dato, si potranno annoverare nel medesimo àmbito altri casi prettamente letterari, che sono stati già indagati dalla critica, quali i nomi dei diavoli Malebranche nella Commedia dantesca e quelli dei personaggi teatrali shakespeariani Macbeth, Shylock, Jago oppure il Tartufo molieriano. La galleria dei cattivi è quanto mai ampia nella letteratura di ogni tempo e di ogni paese. Si pensi al capitano Achab melvilliano, a Uriah Heep del David Copperfield di Dickens, a Heathcliff di Wuthering Heights di Emily Brontë, al Professor Moriarty, eterno avversario dello Sherlock Holmes di Conan Doyle. Altrettanto noti sono, nella letteratura francese, Valmont e Madame de Merteuil, protagonisti delle Liaisons dangereuses di Laclos, Javert e Thénardier dei Misérables di Hugo, così come l’arcidiacono Frollo di Notre-Dame de Paris dello stesso Hugo. Un essere malefico per eccellenza è il Mefistofele del racconto popolare tedesco che ha per protagonista il Dottor Faust. E numerosi sono gli esempi di esseri malvagi nell’opera di Dostoevskij. La figura del cattivo si può caricare anche di connotazioni politiche e ideologiche, come avviene nel caso di Čičikov, protagonista delle Anime morte di Gogol’, un tratto presente in numerose opere della produzione letteraria ispano-americana, all’interno delle quali si segnalano i personaggi di Pedro Páramo di Juan Rulfo. Innumerevoli sono infine le figure dei cattivi nella letteratura per l’infanzia, nel melodramma e nel cinema, così come negli scritti sacri.
- Il nome negli scritti autobiografici
Nell’autobiografia intesa come forma letteraria esiste un’identità onomastica tra autore, narratore e protagonista che rinvia a una stessa entità. L’enunciazione del nome dell’autore-narratore-protagonista di conseguenza costituisce un elemento chiave per la lettura, capace di orientare la cooperazione interpretativa del lettore e il processo di significazione dell’opera. L’enunciazione dell’identità nominale di colui che assume la parola, però, solo raramente trova posto all’interno del testo, mentre viene esibita nel paratesto. Il narratore che designa sé stesso con un pronome di prima persona non ha dunque un nome, e tuttavia, come sottolinea Roland Barthes, quel pronome, nella narrazione, diventa un antroponimo, salvo il caso in cui, anche all’interno del testo, il narratore lasci qualche traccia onomastica. Così sulle prime sembrerebbe certo del tutto superfluo precisare che il nome del protagonista della Divina Commedia, e insomma del personaggio che dice ‘io’ nel poema, coincida con quello dell’autore, Dante. Eppure, a rigore, non potremmo esserne sicuri se non nel momento in cui, al v. 55 del XXX canto del Purgatorio, quel nome viene finalmente pronunciato, in un’allocuzione che del resto costituisce la prima materializzazione diretta del personaggio di Beatrice, colei che affiancherà il protagonista del poema come guida per gran parte del percorso successivo. Se questo caso riguarda il nome dell’io narrante di una vicenda autobiografica molto sui generis, altrettanto significative sono le procedure che toccano i nomi di altri personaggi coinvolti nelle scritture autobiografiche, che possono ad esempio essere oggetto di reticenze di vario tipo, perché celati da anonimato o mascherati attraverso nominazioni sostitutive, per cautele dovute alla delicatezza dei rapporti che legano l’autore con la materia esistenziale che vi riversa, oppure, al contrario, perché dotati di forme onomastiche dal forte orientamento referenziale (si veda quanto scrive in merito Sergio Zatti in Il narratore postumo. Confessione, conversione, vocazione nell’autobiografia occidentale, Quodlibet 2024). Lo stesso atteggiamento ambivalente può coinvolgere anche i nomi dei luoghi in cui l’azione viene ambientata. Pertanto potrebbero rientrare in questa sezione tutte le indagini tese a rilevare e rivelare le risonanze autobiografiche, spesso insospettabili, che si celano dietro l’onomastica di un testo.
- I fondamenti antropologici del nome: nomi tabù, apotropaici o magici
È noto come nel Conte du Graal di Chrétien de Troyes il lettore (e lo stesso personaggio portatore) giunga a conoscere il nome del protagonista in una zona molto avanzata del poema: la rivelazione assume un valore iniziatico, giungendo al culmine di un faticoso processo di autoconoscenza. Il ‘tabù del nome’ chretieniano non è certo l’unico esempio in cui il nome letterario sembra recuperare la valenza magica e apotropaica, dai complessi significati antropologici, di cui l’onomastica primitiva recava tracce diffuse e profonde, e che del resto caratterizzava il divieto di pronunciare il Tetragramma divino nella tradizione ebraica. Ma in questa sezione, che potrebbe anche intitolarsi, giocando con Freud, Nomen e tabù, potrebbero a ben vedere trovar posto casi noti sotto altri aspetti, come quello delle Erinni, indicate spesso con la denominazione apotropaica di Eumenidi (come nella tragedia di Eschilo o nel titolo del celebre romanzo di Jonathan Littell, Les Bienveillantes, che ricalca lo stesso modello mitico della persecuzione di Oreste da parte delle Erinni); o celebri esempi letterari, come, seguendo una suggestione di Angelo R. Pupino, quella che riguarda la figura dell’Innominato del romanzo manzoniano, colpito da una sorta di interdizione che evoca il già ricordato divieto di pronunciare il nome divino. Per citare infine due ulteriori esempi tratti dalla contemporaneità, si ricorderà da una parte il viraggio parodico che del tema dà Piero Chiara nel Compagno innominabile (analizzato da Pasquale Marzano), dall’altra la sceneggiatura del film Le prénom, il cui meccanismo ruota intorno a un nome interdetto, sul piano storico-ideologico stavolta, quello di Adolphe.
- I casi di autonimia: quando il personaggio si attribuisce un nome, un nomignolo, uno pseudonimo
Tra i casi in cui un personaggio letterario è spinto per varie ragioni a ri-nominarsi, a venire alla mente per primi sono certo classici esempi quali quello di Alonso Quijano / don Quijote, di Jekyll / Hyde, o, per la letteratura novecentesca italiana, di Mattia Pascal / Adriano Meis, per tacere di altri simili casi, che appaiono del resto riconducibili a una particolare declinazione della categoria del ‘doppio’ (quella che vede nominazioni distinte per due incarnazioni della stessa identità individuale). Oltre a tale corpus peculiare si possono però rinvenire altre forme di autonimia, pur in apparenza meno suggestive, come quelle dei personaggi decameroniani, che assumono sembianze onomastiche diverse da quelle anagrafiche nel corso di travestimenti variamente motivati (preservando pur sempre, si noterà, una plausibilità realistica delle nominazioni fittizie): da Tebaldo degli Elisei / Filippo di San Lodeccio a Lodovico / Anichino, o, con passaggio di genere, a Madonna Zinevra / Sicuran da Finale. Per citare poi un esempio novecentesco, si pensi ai programmatici nomi di battaglia che si autoimpongono i partigiani protagonisti di racconti del secondo dopoguerra. Ma altre tipologie possono suggerirsi. Una è quella che coinvolge l’autore stesso quando si configuri in una certa misura come personaggio che si attribuisce un nome sostitutivo, per celarsi o, al contrario, per esibire una determinata postura autoriale. Il pensiero corre alla caleidoscopica ridda di eteronimi di Pessoa, ma anche a più insospettabili casi, come quello di Luzi, che in alcune raccolte adombra sé stesso dietro nomi e profili reali come Simone Martini, o più fantasiosi e misteriosi come Lorenzo Malagugini (l’alter ego di una delle sue ultime raccolte, Sotto specie umana); o come Foscolo, che, lo si ricorderà, crea il nome stesso di Ugo secondo un meccanismo di questo tipo, e poi nella sua carriera di scrittore (e di uomo) si rifrange in controfigure pseudoautobiografiche (da Lorenzo F. a Lorenzo Alderani, allo stesso Didimo Chierico, ecc.). Sempre sul versante relativo alla postura autoriale, si possono citare le autonominazioni minuscolate, con intento programmaticamente autoironico e riduttivo, del tipo ‘guidogozzano’. Ancora, si potrà ricordare la particolare densità interpretativa di alcune formule di autonimia riferite alla voce narrante di un racconto, come nel «Call me Ishmael» del Moby Dick di Melville, la cui lunga ombra influente trova una significativa eco nel recente romanzo di Salman Rushdie, The Golden House (2017), nel quale il narratore dichiara «Call me René», con esplicito richiamo a quel precedente, accompagnandolo con una significativa chiosa interpretativa. Similmente Max Frisch, nel suo romanzo Mein Name sei Gantenbein (1975), frantuma l’io-protagonista in tre diverse figure, Svoboda, Enderlin e Gantenbeim, corrispondenti a tre destini tra loro strettamente connessi.
- Il centenario della nascita di Camilleri
L’occasione del convegno agrigentino è quanto mai propizia per dedicare la consueta ‘sezione anniversaria’ a un autore, nato appunto nel 1925, che presenta molti motivi di interesse onomastico e ha infatti già conosciuto nei decenni trascorsi un’intensa attenzione sotto tale aspetto: Andrea Camilleri.
Coloro che intendano partecipare al Convegno o che vogliano direttamente proporre un loro articolo alla redazione della rivista «il Nome nel testo»
sono pregati di inviare a Donatella Bremer
entro e non oltre il 30 giugno 2025
un abstract, non generico, ma sufficientemente indicativo (ca. una pagina) del loro contributo.
Si prega di allegare anche un breve curriculum.
La lunghezza degli articoli da sottoporre al processo di revisione (peer review) per un’eventuale pubblicazione nella rivista «il Nome nel testo» non dovrà superare le 36.000 battute (spazi inclusi).
Per ulteriori informazioni rivolgersi anche a:
Giorgio Sale: giosale@uniss.it